Il punto della situazione

Agli esordi di questo inferno ci si chiedeva se ne avremmo tratto profitto (mentale) oppure avremmo assistito ad un deterioramento generale della situazione.
I dati (limitati) che ho a disposizione convalidano l’ipotesi che, di fronte ad un inevitabile incremento della precarietà dovuto allo stressor implicito in una pandemia, ci sarebbe stato un incremento della sintomatologia psichica; oppure una evoluzione e un accrescimento della competenza mentale.
Insomma una divisione netta.
Così è stato.
Taluni si sono persi nelle proprie armature psichiche/nevrosi/formule persecutorie/nevrosi/regressioni/evasioni/rabbie.
Altri hanno continuato a cercare (dentro di sé) un significato personale ed originale in termini di adattamento e di formazione personale; qualcuno poiché era abituato in termini psicoanalitici; altri perché vi si sono approcciati spinti dal bisogno o dalla percezione imminente di crollo e di bisogno di accompagnamento.
L’incremento dei sintomi (ansia, tensioni, attacchi di panico, depressioni, cefalee ecc.), ricordiamolo e sottolineiamolo, corrisponde sempre a una risposta cerebrale in termini di protezione/comunicazione interna/segnalazione del pericolo/freno.
Questo per affermare che, chiunque patisca in questo periodo storico un incremento dei propri sintomi o l’intervento di un sintomo psichico “nuovo”, sappia che si trova di fronte ad una chance di evoluzione e riaffermazione di se stesso; nulla di patologico dunque, ma una possibilità di non confondere il mondo interno (emotivo) con il mondo esterno (pandemia): il sintomo psichico o psicosomatico è la linea di confine, il momento rivoluzionario da cui si dispiega la nostra civilizzazione e la nostra umanità.
Confrontarsi con se stessi è la chiave.
Perché la nostra fragilità è il punto principale per un nuovo inizio, e almeno da questo punto di vista siamo tutti uguali.