Mens sana in corpore sano

Nella clausura della quarantena indubbiamente l’attività mentale richiede alimento continuo e uno sforzo in termini introspettivi non indifferente. L’ho costantemente ribadito: mai come ora l’emersione di materia psichica in termini di sentimenti intensi o di sintomatologie richiede studio e comprensione (laddove l’evento estremo può creare livelli di precarietà ed impronte emotive potenti).
Ma non dimentichiamoci della nostra macchina portante: il corpo.
Il corpo racconta, esprime la nostra vita e il nostro psichismo; tanto quanto la mente “usa” il corpo per comunicare il proprio dinamismo.
La connessione mente (cervello) e movimento corporeo in particolare si esprime fisiologicamente tramite l’intima interconnessione tra amigdala (modulatore del cervello emozionale o limbico) e cervelletto (modulatore motorio), in maniera molto semplice ed immediata: all’emozione del dolore corrisponde la postura in flessione/evitamento, mentre all’emozione del piacere corrisponde sempre la postura in estensione/avanzamento. È una regola biologica.
Per questo alla nascita il feto si presenta in postura flessoria: ciò corrisponde non solo ad un’economia spaziale, ma anche alla corrispondente saturazione dello stato metabolico del dolore. Solo dopo comincia il piacere, attraverso il contatto: il piacere è acquisito.
Mattioli (neuroscienziato psicoanalista) per primo ha presentato un’interpretazione del riflesso di Moro emblematica e suggestiva. Il riflesso di Moro viene evocato dal pediatra nei primi 4/6 mesi di vita per valutare la maturazione neurologica dell’infante. Il piccolo viene strattonato dall’alto verso il basso, e istintivamente allarga le braccia (piuttosto che fletterle). Se al dolore corrisponde la flessione, ci si sarebbe aspettati una flessione delle braccia; invece il piccolo le estende, e per legge biologica vuol dire che prova piacere; ciò significa che il piccolo è fisiologicamente in uno stato di precarietà (massima espressione del dolore), e uno stimolo stressante/frustrante/doloroso satura lo stato di precarietà attivando il sistema antagonista (il piacere; quello che il Mattioli ha scoperto e definisce piacere paradossale; il gioco degli antagonismi è una legge biologica universale). Se il piccolo ha un contatto, ad esempio la mano della madre o uno straccio nella manina, di fronte allo stesso strattonamento del medico flette le braccia: il legame ha desaturato il livello di precarietà, e il bimbo riconosce lo stimolo doloroso in quanto tale. E di fronte al dolore le braccia si flettono.
Tutto ciò solo per comprendere l’intima connessione tra l’attività emotiva e la corrispondente risposta motoria.
Allenare il corpo dunque non corrisponde “solo” al mantenimento dell’efficienza della nostra macchina, in termini clinici; e non corrisponde “solo” a quella sorta di amor proprio che ci spinge a prenderci cura di noi a 360 gradi. Anche e soprattutto ora che ci troviamo costretti in spazi “angusti”.
Corrisponde anche e soprattutto ad avere controllo e consapevolezza su di noi in termini di identità, a riconoscere il linguaggio del cervello attraverso la sintomatologia che si esprime col corpo (psicosomatosi), e a integrare quel lavoro introspettivo che parte dal mentale e comunica col corpo.
Rendendo mente e corpo un tutt’uno.
Allora, nella lunghezza estenuante e forzata della quarantena, prendiamoci cura del nostro corpo in maniera equilibrata e con cognizione di causa.
Come per le questioni del mentale, non è opportuno improvvisare ma affidarsi ai professionisti della materia.
Nel pesarese abbiamo la possibilità di affidarci a un professionista noto del settore, il dott. Massimo Bonazzelli, che con il suo progetto Threequilibrium Studio Human Enhancing System studia la ricerca di un filo conduttore fondato su basi scientifiche tra allenamento, alimentazione e fattore psicologico.
“La giusta sinergia di questi tre elementi in equilibrio reciproco rende infatti possibile il raggiungimento del proprio massimo potenziale di salute, nonché di performance fisica e mentale”, scrive il fondatore.
Cercando così di creare i presupposti per un movimento naturale, una postura che corrisponda al nostro esser-ci (con tutte le implicazioni psichiche del caso) nello spazio in modo consapevole, integrando i suoi studi approfonditi sull’importanza della respirazione (quale elemento vitale di espressione della nostra armonia). E il tema della respirazione ci è caro oggi come non mai.
Io mi sento di consigliare di approfittare di questo momento per avvicinarsi a una visione di sé integrata: allenamento mentale e corporeo.
Ma in modo mirato, equilibrato e consapevole.
Così si può pensare a un vero, nuovo inizio