La nostalgia

Un sentimento mai come oggi così percepito ed intenso.
Nostalgia per ciò che era, per un senso di libertà, per l’incontro umano, per il lavoro, per il movimento autonomo, per quel senso di rassicurazione autoindotto nelle faccende del quotidiano.
Il grande regista Andrej Tarkovskij nel film Nostalghia ci immette clamorosamente ed intimamente nel vissuto interiore della nostalgia. Tratta di un poeta sovietico, Andrej Gorčakov, in Italia per scrivere la biografia di un compositore russo del XVIII secolo, Andrej Sosnovskij. Lo accompagna la sua interprete, la bella e irrequieta Eugenia. Durante una tappa a Bagno Vignoni, Gorčakov conosce il vecchio Domenico, un uomo ritenuto da tutti matto perché, vari anni prima, era rimasto rinchiuso in casa per sette anni con la sua famiglia in attesa della fine del mondo (mai situazione cinematografica può essere più drammaticamente attuale!). Gorčakov è attratto dall’uomo e va a trovarlo. Durante il lungo dialogo fra i due, Domenico affida a Gorčakov la missione di compiere in sua vece un rito salvifico: attraversare con una candela accesa la piscina di acque termali di Bagno Vignoni.
Domenico parte poi per Roma dove, nella piazza del Campidoglio, tiene un lungo discorso davanti a un pubblico di “matti”, al termine del quale si suicida dandosi fuoco.
Gorčakov, dopo una sosta meditativa nella chiesa sommersa di san Vittorino, decide di compiere la missione affidatagli da Domenico. Quando, dopo due tentativi falliti, riesce finalmente a giungere sul lato opposto della piscina e deporvi la candela accesa, viene colpito da un attacco cardiaco.
La nostalgia è quella del poeta espatriato, ma anche quella dei vari personaggi che cercano di superare la propria alienazione spirituale e ricucire la propria separazione fisica dalle altre persone.
Sembra che il regista ci descriva magistralmente le varie sfaccettature di risoluzione di un sentimento così complesso, un vissuto di mancanza e di dolore a tratti straziante: quale quello che in parte, e su vari livelli, stiamo attraversando oggi.
La risoluzione avviene tramite il gesto magico, catartico, apotropaico e risolutivo.
E attraverso il delirio fanatico, l’onnipotenza del non potete rinunciare a nulla, attraverso i paradossi emotivi che sono sempre sentimenti istintuali densi di rivendicazione, intolleranza e senso di competizione distruttiva verso la realtà.
E attraverso la ricerca di capri espiatori, nemici facili, divisioni faziose ed arbitrarie, rabbie gratuite.
Sembra che ogni strumento sia destinato al fallimento.
Invece siamo certi, oggi più che mai, che lo struggimento della nostalgia possa essere superato sia con la potenza dell’attesa di un riscatto che può arrivare da un momento all’altro; ma soprattutto con la potenza di uno sforzo in termini di tolleranza, la capacità ancestrale dell’essere umano di imparare a tollerare la perdita e trovare in quel nuovo vuoto un altrettanto nuovo senso di sé.
Insomma riscoprirsi nel dolore della perdita e nel rimaneggiamento della propria identità.
Riscoprire la verità di un’identità senza i fronzoli dell’estetica, sottraendo potenza a quegli investimenti che ci hanno sempre sorretto: verso una professione, un rapporto o altro.
Per ridistribuire le nostre energie mentali anche su altro, su tutte le innumerevoli sfaccettature della nostra intima e originale identità.
Allora la nostalgia diventa un posto di decisiva formazione, un dolore che rinnova e non distrugge.
Anzi, uno spazio potenziale, poetico, per la creazione.